Non posso non amare i social network.
Non solo perché ne ho fatto un lavoro, ma perché ormai sono parte integrante di me.
Dallo studio (c’è un mondo al di là dello schermo anche se in molti credono che siano tutto un mero “click” e fortuna),
all’analisi e al fatto che raccontano la mia vita.
Quella che voglio raccontare.
Mi spiego.
Non ci sono bugie, finzioni nei miei canali.
Semplicemente omissioni.
Perché le giornate “no”, i “problemi veri” ce li hanno tutti,
anche se l’effetto Instagram vorrebbe far credere altro.
È solo una scelta di campo.
Anzi, editoriale.
Tediare il prossimo o fornirgli uno sguardo felice su quello che è la vita.
O meglio ancora, c’è chi riesce a parlare del suo problema (malattie, cause sociali)
per creare una community. Per creare cultura.
Questo è il bello dei social network.
Al netto di filtri, faccine e persone che ti seguono,
ma sono affetti dalla paura di consumare il polpastrello cliccando dei like.
Mhm, non credo.
Sui social ci piace mostrare tutto, soprattutto in foto, tranne che il mostro che è in noi.
E poi ci ritroviamo a sapere tutto di tutti e nulla di noi.
Sono un valido strumento di comunicazione ma il vederse e guardarsi è un’altra cosa.
Io ci sto il minimo indispensabile. E non ho FB nè altre diavolerie.
sono d’accordo.