Al netto di ducletter di armadi, scarpiere, dispense.
Al netto del senso di liberazione da persone e cose inutili,
al netto della consapevolezza che il mondo è uno solo e dobbiamo preservarlo
anche senza consumare in eccesso
una cosa che abbiamo imparato o che stiamo imparando sempre di più
grazie a questo strano momento storico in cui viviamo, è rispondere alla
fatidica domanda “mi serve davvero?”
Tre parole che possono rimettere a posto tante cose:
economiche, sociali, ambientali.
Facciamocela sempre come domanda.
Non dimentichiamocela sia difronte ad un acquisto importante
(che per assurdo è più facile essere mossi da un’esitazione)
che a quello stupido.
Perché dobbiamo essere avidi di cultura, non di cose.
Accumulatori seriali di amicizie, persone belle, non di oggetti.
Dobbiamo guardare alla qualità in tutto, non solo alla quantità.
Anche perché, a me ad esempio, la quarantena ha insegnato a cosa posso rinunciare.
E a cosa no.
Detto questo la mia mamma, da quando ho avuto la mia paghetta,
mi invita a farmi questa domanda.
Ma come sempre, mi ritrovo a dire “avevi ragione mamma”.